giovedì 19 aprile 2012

Allarme plastica in tavola!

Un articolo pubblicato su "la Repubblica" il 18 aprile spiega i rischi degli imballaggi alimentari in plastica..

ALLARME PLASTICA:
IN TAVOLA IL CIBO CONFEZIONATO CAMBIA IL NOSTRO CORPO

Uno studio su 5 famiglie a San Francisco ha rilevato dosi più alte (fino a due terzi in più) di bisfenolo A nelle urine di chi fa uso di cibi a contatto con la plastica


"Burro all' ignifugo, succo di mela al nonilfenolo, birra alla dibutiltina, spaghetti cinesi al polistirene. E poi, giusto per gradire, pop-corn scoppiettanti di Teflon... Sai che c' è? Stasera mi faccio un bel piatto di plastica.
Tanto vale arrendersia leggere il menu che ci propina l' industria alimentare. A cominciare, come sempre, da quella americana. L' ultimo allarme arriva da una ricerca made in San Francisco: la città più salutista degli States. I ricercatori dell' Envoromental Health Perspective hanno condotto un esperimento da non suggerire agli smaliziati ideatori dei reality show. Hanno preso cinque famiglie e le hanno messe tre giorni a dieta. Non di cibi particolari: ma di cibi che non erano stati contaminati dalla plastica. Il risultato? Il confronto delle analisi ha lasciato stupefatti gli stessi scienziati.
I livelli di bisfenolo A, in codice Bpa, il composto organico usato per indurire la plastica, sono crollati di due terzi. Non solo. Quelli di di-2 etilesilflatato, in codice più comunemente Dehp, la sostanza che rende la plastica flessibile e trasparente, sono dimezzati. I risultati sono stati immediatamente rilanciati dalla più grande esperta dell' argomento, Susan Freinkel, l' autrice del fortunatissimo "Plastic: A Toxic Lovestory". Che sul Washington Post ha sentenziato: tutta colpa del packaging. Tutta colpa cioè della plastica usata per confezionare i prodotti.
 Le buste che incartano i surgelati. Le bottiglie dell' acqua e dei succhi di frutta. La carta che avvolge il burro e la margarina. La plastica che avvolge gli affettati e raccoglie l' insalata già tagliata e lavata.

I pericoli per l' alimentazione non sono certo nuovi. E' dagli Anni 30 che i primi studi hanno cominciato a puntare il dito contro il Bpa, sì, proprio il composto che nelle famiglie sottoposte alla dieta antiplastica di San Francisco si è "liquefatto" in soli tre giorni. E come succede in tutti i paesi civile ogni nazione è corsa ai ripari. Ma già il fatto che si tratti di corsa in ordine sparso la dice lunga sull' efficacia e affidabilità delle varie proibizioni. Proprio il fatidicico Bpa, per esempio, è stato dichiarato tossico in Canada già due anni fa: è perché mai quello che devasterebbe lo stomacoa Montreal dovrebbe invece essere digeribilissimo a New York? Dal 1958 la Food and Drug Administration, cioè l'istituto che vigila su cibi e farmaci, ha analizzato e dato il via libera a 3000 composti chimici da poter utilizzare a contatto con i cibi. Sono i cosiddetti "additivi indiretti": non parliamo quindi delle sostanze usate nella preparazione del cibo ma di quelle usate nella preparazioni degli involucri. E che - volatilissime - lo aggrediscono comunque.

Il livello di sicurezza sarebbe inversamente proporzionale alla quantità che può finire nel piatto. Peccato però che alcuni scienziati si stiano preoccupando adesso di fare anche un altro calcolo: che consideri l' azione "cumulativa" di questi elementi. Non solo nello spazio: sostanze provenienti dalle confezioni di cibi diversi. Ma nel tempo: sostanze accumulate nell' organismo continuamente esposto a quei cibi confezionati. Qui, come spesso, gli esperti si dividono.
Ma è lo stesso Istituto nazionale della salute a riconoscere che un numero diverso di sostanze chimiche - ingerite separatamente e in piccole dosi - ha lo stesso effetto sul corpo di una sola e più potente dose. Con che rischi? Prendete quell' altro composto dimezzato dalla dieta antiplastica di San Francisco: il Dehp non solo può interferire con il testosterone durante lo sviluppo ma anche con la riproduzione maschile - oltre a provocare disfunzioni alla tiroide e piccoli cambi di umore.
Basterà per correre ai ripari? In America è partito un movimento di pressione per costringere la Food and Drug Administration a rivedere i parametri. Ma le lobby dell' industria sono riuscite finora a fare muro: indistruttibile come la plastica? - DAL NOSTRO INVIATO ANGELO AQUARO NEW YORK "

Leggi l'articolo sul sito di Repubblica

mercoledì 11 aprile 2012

UN FUTURO DI COLORATA QUALITA'

La fine degli anni ’70 e gli anni ’80 hanno visto la luce dei compact disc, la diffusione dei primi personal computer nelle abitazioni e dei telefoni cellulari in tasca. Si respiravano modernità e ottimismo. Si respirava voglia di novità. La qualità non era al primo posto delle preoccupazioni degli italiani, le speculazioni erano all’ordine del giorno.
Le confezioni per uova in materiale plastico risalgono a quel decennio. Come tutte le mode, dovrebbero essere state sorpassate dal nuovo. Dovrebbero essere state sostituite dal meglio. Si dovrebbe aver nuovamente voglia di novità, ma soprattutto di naturalità.
La moda delle materie plastiche è durata abbastanza. Basta guardarsi attorno: dove l’occhio si posa, plastica trova. Non parliamo delle discariche (in cui è normale che la plastica finisca), ma di strade, canali, fiumi, mari. 
Il progresso non è recesso, ma dovrebbe essere un costante e continuo (seppur lento) miglioramento della qualità della vita, che significa anche e soprattutto qualità dell’ambiente.
In nome del risparmio, invece, troppo spesso ciò che viene messo in secondo piano è proprio la qualità. Le aziende produttrici si concentrano su margini e costi, su profitti indeboliti e peso fiscale insopportabile, lasciando in secondo piano l’attenzione alla qualità e sostenibilità dei propri prodotti. I consumatori orientano sempre più le proprie scelte d’acquisto guardando alla sostenibilità dei prodotti, è ora che quest’ottica divenga primaria anche per le aziende produttrici.

UN PASSO AVANTI… E UNO INDIETRO

Sono nate le nuove plastiche, le plastiche biologiche, biodegradabili e compostabili. Bella idea, sicuramente un  passo avanti. Non si utilizzano più risorse non rinnovabili, come il petrolio, certo. Ma se un metro cubo di plastica biologica deriva da 10 kg di amido di cereali, farina di grano e oli vegetali miscelati (La Stampa-Ambiente), stiamo utilizzando risorse agricole, il cui consumo dev’essere consapevole e controllato. 
Gli imballaggi per uova Hartmann sono composti al 100% da carta riciclata, il che significa che, per la loro produzione, non viene sprecata nemmeno una risorsa, rinnovabile o non che sia.
La domanda di risorse naturali è in repentina crescita, la popolazione mondiale raggiungerà i 9 miliardi di persone nel 2050. La pressione sugli ecosistemi si farà insostenibile. Secondo il WWF, tra meno di vent’anni l’umanità avrà bisogno di due pianeti per sostenere i propri consumi! (A. Tencati, 2012)

Solo il riciclo riduce la pressione della domanda di materie prime, oltre a ridurre il consumo energetico e le emissioni di CO₂.
Il packaging sostenibile è:
·        Riciclabile
·        Realizzato con risorse rinnovabili
·        Biodegradabile
·        Riutilizzabile
·        Contenente materiali riciclati
(International Organization for Standardization, 2012)
-        
È necessario ridurre il consumo delle materie prime. Non è importante la biodegradabilità dei materiali, è fondamentale che possano essere riciclati, al fine di re-immettere nel ciclo produttivo le materie prime.  Lasciamo il petrolio alle automobili e il cibo sulle tavole.

Da ogni angolo ci viene richiesto sacrificio. Si respira pessimismo, il colore che domina le nostre giornate è il grigio. E’ ora di tornare all’ottimismo, è ora di tornare al colore!
Viviamo di emozioni, anche finché ci occupiamo di un’incombenza banale come la spesa al supermercato. Noi viviamo grazie ai profitti e nonostante le tasse, ma viviamo di qualità. Qualità della vita, qualità dell’alimentazione, dell’aria e dell’ambiente.


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